Sede di una lunga pagina della storia siciliana, il castello di Caccamo è uno dei castelli più prestigiosi e attraenti della Sicilia, oltre ad essere il più grande.
Eretto su un alto basamento roccioso a dominare il paesaggio, luogo di guardia e di controllo, fortezza ma ugualmente maniero signorile che nell'ampio giro delle corti e nei saloni organizza la sua funzione di residenza e di rappresentanza, il castello appare al visitatore che si accinge a entrare in città come una presenza incombente e altera; disposto sulla piattaforma come un naturale prolungamento delle irte pareti di pietra, come a seguirne il perimetro nello snodarsi di porte, torri e mura, l'edificio palesa nella sua articolazione complessa le vicende e le trasformazioni che hanno condotto alla costruzione attuale in un lungo processo di accrescimenti, aggiunte e modifiche protrattosi per secoli.
L'imponente struttura difensiva era strutturata su quattro torri esterne - la torre di Byrsarone o Pizzarrone a valle, quella della Piazza, diroccata nel 1627 durante i lavori di ampliamento del Duomo, e quella detta Brancica poi inserita ugualmente con funzione campanaria, nella facciata della Chiesa della SS. Annunziata -; e su tre torri interne a difesa di un più ristretto giro di mura, la torre Mastra (crollata,in parte, in seguito al terremoto del 1823), la torre Gibellina e quella della Fossa o del Dammuso. La prima realizzazione, già durante i primi anni del regno normanno, fu probabilmente una semplice torre di avvistamento (ma non è da escludere che una uguale costruzione fosse stata edificata dai musulmani con le stesse funzioni) poi ampliata con scopi difensivi sino al primo organico disegno di trasformazione da parte di Manfredi I Chiaramonte intorno agli inizi del XIV secolo: furono allora ristrutturate le fortificazioni esistenti, rafforzate la torre di Byrsarone e la cinta muraria, edificate una nuova ala a nord-est e la torre Gibellina.
Questo impianto fu ulteriormente ampliato a partire dal 1398 da Giaimo de Prades, che aggiunse la torre del Dammuso nel prospetto meridionale e munì di torri lo spigolo sul fronte a nord-est. Successivamente, durante la signoria degli Henriquez-Cabrera, fu realizzata la grande sala delle udienze (trasformata quindi in teatro nel corso del XIX secolo) che sancisce la mutata funzione del castello da presidio territoriale a luogo di residenza e di amministrazione della giustizia.
Gli Amato compirono le ultime trasformazioni dell'edificio, accorpando gli ambienti per realizzare larghi saloni, aprendo terrazze e balconi, e evidenziando la nuova finalità di rappresentanza del manufatto nell'imponente portale dell'ingresso interno. Il castello è stato acquisito nel 1963 dalla Regione Siciliana dagli ultimi proprietari, i principi De Spuches; i lavori di consolidamento e di restauro, hanno consentito di leggere con migliore esattezza la ricchissima stratificazione di stili e tecniche costruttive dell'edificio. La salita al castello avviene per un lungo passaggio a gradoni, protetto a destra da una successione di merli e chiuso a sinistra dai corpi edificati nel XV secolo da Giaimo de Prades; il bassorilevo in pietra con la mano che regge una bilancia sanziona il diritto baronale di amministrare la giustizia. L'atrio successivo apre, a sinistra, sulle scuderie e sulla soprastante sala delle udienze con la piccola loggia, e a destra sul corpo di guardia. Attraverso un arco a tutto sesto (che a sua volta sorregge un arco a sesto acuto di età chiaramontana) si giunge quindi al terrazzo panoramico sulla vallata, su cui sorge la piccola cappella di corte.
Poco più avanti da un ingresso ad arco a sesto acuto si accede ai locali delle carceri, le cui pareti di alcune celle presentano numerosi graffiti e dipinti realizzati dai detenuti. Il grande atrio con il portale seicentesco immette quindi nella grande sala della congiura (chiamata così perchè secondo la leggenda ospitò, nel 1160, la congiura dei baroni capeggiata da Matteo Bonello contro Guglielmo il Malo); i locali sottostanti erano riservati a magazzini e alla servitù.
Il piano nobile si sviluppa in senso longitudinale e termina alle sue estremità con due terrazze che avevano funzioni diametralmente opposte: una, attigua alla Prades, serviva al controllo dell'antico ingresso e l'altra, insieme alle torri, a quello delle vie esterne. I tetti lignei dei vari ambienti sono decorati con motivi floreali in stile barocco e risalgono, probabilmente, alla prima metà del '600, durante la signoria del principe D. Antonio Amato Folch di Cardona. In una stanza attugua ala sala della congiura, si trova una finestra pentalobata che da alcuni è fatta risalire al periodo chiaramontano, ma da altri a quello arabo. Il castello, con le sue possenti strutture, rimane a testimoniare la potenza delle varie famiglie che nei secoli ne ebbero il possesso e proietta l'eco del loro dispotismo e della loro liberalità. Presenta molteplici logge, spaziosi atrii, severi alloggiamenti per i soldati, ampie scuderie, ballatoi, trabocchetti e catene ininterrotte di merlature.
Questo impianto fu ulteriormente ampliato a partire dal 1398 da Giaimo de Prades, che aggiunse la torre del Dammuso nel prospetto meridionale e munì di torri lo spigolo sul fronte a nord-est. Successivamente, durante la signoria degli Henriquez-Cabrera, fu realizzata la grande sala delle udienze (trasformata quindi in teatro nel corso del XIX secolo) che sancisce la mutata funzione del castello da presidio territoriale a luogo di residenza e di amministrazione della giustizia.
Gli Amato compirono le ultime trasformazioni dell'edificio, accorpando gli ambienti per realizzare larghi saloni, aprendo terrazze e balconi, e evidenziando la nuova finalità di rappresentanza del manufatto nell'imponente portale dell'ingresso interno. Il castello è stato acquisito nel 1963 dalla Regione Siciliana dagli ultimi proprietari, i principi De Spuches; i lavori di consolidamento e di restauro, hanno consentito di leggere con migliore esattezza la ricchissima stratificazione di stili e tecniche costruttive dell'edificio. La salita al castello avviene per un lungo passaggio a gradoni, protetto a destra da una successione di merli e chiuso a sinistra dai corpi edificati nel XV secolo da Giaimo de Prades; il bassorilevo in pietra con la mano che regge una bilancia sanziona il diritto baronale di amministrare la giustizia. L'atrio successivo apre, a sinistra, sulle scuderie e sulla soprastante sala delle udienze con la piccola loggia, e a destra sul corpo di guardia. Attraverso un arco a tutto sesto (che a sua volta sorregge un arco a sesto acuto di età chiaramontana) si giunge quindi al terrazzo panoramico sulla vallata, su cui sorge la piccola cappella di corte.
Poco più avanti da un ingresso ad arco a sesto acuto si accede ai locali delle carceri, le cui pareti di alcune celle presentano numerosi graffiti e dipinti realizzati dai detenuti. Il grande atrio con il portale seicentesco immette quindi nella grande sala della congiura (chiamata così perchè secondo la leggenda ospitò, nel 1160, la congiura dei baroni capeggiata da Matteo Bonello contro Guglielmo il Malo); i locali sottostanti erano riservati a magazzini e alla servitù.
Il piano nobile si sviluppa in senso longitudinale e termina alle sue estremità con due terrazze che avevano funzioni diametralmente opposte: una, attigua alla Prades, serviva al controllo dell'antico ingresso e l'altra, insieme alle torri, a quello delle vie esterne. I tetti lignei dei vari ambienti sono decorati con motivi floreali in stile barocco e risalgono, probabilmente, alla prima metà del '600, durante la signoria del principe D. Antonio Amato Folch di Cardona. In una stanza attugua ala sala della congiura, si trova una finestra pentalobata che da alcuni è fatta risalire al periodo chiaramontano, ma da altri a quello arabo. Il castello, con le sue possenti strutture, rimane a testimoniare la potenza delle varie famiglie che nei secoli ne ebbero il possesso e proietta l'eco del loro dispotismo e della loro liberalità. Presenta molteplici logge, spaziosi atrii, severi alloggiamenti per i soldati, ampie scuderie, ballatoi, trabocchetti e catene ininterrotte di merlature.