mercoledì 16 gennaio 2013

Pasta con pesto trapanese

 
INGREDIENTI:
320 g di bucatini o altra pasta lunga
300 g di pomodori
5 foglie di basilico
uno spicchio d'aglio
30 g di mandorle sgusciate
40 g di pecorino grattugiato
6 cucchiai di olio extravergine d'oliva
sale
PROCEDIMENTO:

1) Scottate le mandorle in acqua bollente per circa un minuto; scolatele e pelatele. Se volete esaltarne il sapore e  l'aroma, fatele saltare per 2-3 minuti in una padella antiaderente senza aggiunta di condimenti, oppure passatele per  lo stesso tempo nel forno a 220?. Pulite le foglie di basilico con un telo umido.  
2) Pestate lo spicchio d'aglio sbucciato in un mortaio con il basilico e le mandorle; aggiungete il pecorino, mescolate, poi versate l'olio a filo continuando a mescolare in modo da incorporarlo perfettamente e ottenere un pesto cremoso. Se volete fare più in fretta, potete preparare il pesto con il mixer.  
3) Tuffate i pomodori in abbondante acqua leggermente salata per 30 secondi; scolateli, privateli della buccia e dei  semi,
quindi tritate la polpa con un passaverdura, unitela al pesto, mescolate bene e regolate di sale.
4) Cuocete i  bucatini in abbondante acqua bollente salata; scolatela senza sgocciolarla troppo, mettetela in un'ampia ciotola,  conditela con il pesto e distribuitela nei piatti. Quando scolate la pasta, tenete da parte un po' dell'acqua di  cottura, cosi, se fosse necessario, potete usarla per diluire il condimento.
Fonte: donnamoderna


lunedì 14 gennaio 2013

Castello di Calatabiano - Catania

Il castello di Calatabiano (Arabo-Normanno IX secolo) è un rudere medioevale che sorge su una collina che sovrasta la valle raggiungibile con un panoramico ascensore inclinato, che permette una splendida vista di Taormina, della baia di Giardini Naxos e dell’Etna. Il recente lavoro di restauro ha portato alla luce un sito archeologico-monumentale: i resti di un impianto greco-romano, un Kastron bizantino col suo mastio imprendibile, il castello medievale con le sue sale, la corte e una graziosa cappella. La prima documentazione certa relativa al castello di Calatabiano si rileva da una carta della Sicilia in cui il geografo e viaggiatore arabo Abu ‘Abd Allah Muhammad ibn Idris (1099-1164) rappresentava l’Isola e i suoi sistemi fortificati. Qui il massiccio dell’Etna appare sul lato sinistro ed è lambito dai due fiumi Simeto e Alcantara. Proprio lungo le sponde del fiume Al-Kantar (il ponte) appaiono rappresentate due fortezze speculari Tauromenion e Kalaat-al Bian (Rocca di Biano). Passeggiando per il castello si gode di una vista incomparabile di tutta la valle dell’Alcantara. 

Castello di Brucoli - Siracusa




Il Castello di Brucoli nacque con la funzione di sorvegliare e proteggere, in primo luogo contro le scorrerie turco-barbaresche, il porto e caricatore di Brucoli esistente almeno già dalla fine del XIV secolo, nella baia che si apre tra capo Campolato e la costa a settentrione di esso. Nel XVIII secolo il castello, da cui si domina buona parte del golfo di Catania, fu utilizzato quale posto di guardia e di avvistamento con un presidio militare alle dipendenze della vicina piazzaforte di Augusta.

Il nucleo originario della fortezza fu una costruzione rettangolare (15 x 12,60 metri), compatta e robusta, a più piani, alta 20 metri circa, con i lati lunghi orientati nord-ovest/sud-est.

Il castello di Brucoli, piccolo gioiello d’arte militare, fu voluto da re Giovanni II di Aragona quale dono alla regina Giovanna. Quest’ultima, nel 1468, affidò l’incarico di costruirlo a Giovanni Cabastida, Governatore Generale della Camera Regionale di Siracusa, un devoto ciambellano originario di Barcellona, che lo ebbe in concessione per tre generazioni.

La motivazione che spinse il lungimirante re Giovanni II di Aragona alla costruzione di una simile opera fortificata, era principalmente quella di premunirsi contro la preoccupante crescita della potenza turca. Nel secolo successivo all’edificazione del castello, alle incursioni dei Turchi si vennero ad aggiungere quelle barbaresche dalle coste settentrionali dell’Africa, cui tra l’altro è legata la leggenda del Santo Patrono.

Oltre che per scopi difensivi militareschi, la fortezza sorse all’imboccatura del porto-canale per controllare i commerci marittimi e custodirne le derrate di grano che vi confluivano. Dunque a protezione di quei traffici e del piccolo villaggio che sorgeva ai suoi piedi, il castello assumeva un ruolo di protezione fondamentale.

Secondo autorevoli studi, in origine, la struttura del castello constava della sola torre quadrata centrale, che ancora è visibile, ma che probabilmente svettava più alta e imponente dell’attuale. Successiva è la cortina muraria di difesa, di forma rettangolare, ai cui angoli sono quattro imponenti torrioni circolari. Tra le molte sovrapposizioni presenti nella struttura del castello, degne di menzione sono le due garitte, edificate probabilmente nel XVII sec.
Al suo interno erano diversi locali, quali la dimora del castellano, la foresteria, la cappella, l’armeria, le cucine, le scuderie e le carceri.

Castello Di Donnafugata - Ragusa


Il Castello di Donnafugata, al contrario di quanto il nome possa far pensare, non si tratta di un vero e proprio castello medievale bensì di una sontuosa dimora nobiliare del tardo '800. La dimora sovrastava quelli che erano i possedimenti della ricca famiglia Arezzo De Spuches.
Fin dall'arrivo il castello rivela la sua sontuosità. L'edificio copre un'area di circa 2500 metri quadrati ed un'ampia facciata, coronata da due torri laterali accoglie i visitatori. La facciata principale e' ornata da una bellissima loggia in stile gotico-veneziano, con otto balconi a sesto acuto che danno accesso alla grande terrazza sottostante la loggia, mentre delle belle bifore ingentiliscono le altre facciate. 
La dimora, suddivisa in tre piani, conta 122 stanze di cui una ventina sono oggi fruibili ai visitatori. Visitando le stanze che contengono ancora gli arredi ed i mobili originali dell'epoca, sembra quasi di fare un salto nel passato, nell'epoca degli ultimi "gattopardi". Ogni stanza era arredata con gusto diverso ed aveva una funzione diversa. 
Da ricordare la Stanza della Musica con bei dipinti a trompe-l'oeil, la grande Sala degli Stemmi con i blasoni di tutte le famiglie nobili siciliane e due antiche armature, il Salone degli Specchi (ornato da stucchi), la pinacoteca con quadri neoclassici della scuola di Luca Giordano. Notevole, poi, il cosiddetto Appartamento del Vescovo, con splendidi mobili Boulle, riservato esclusivamente all'alto prelato (un membro della famiglia Arezzo nel Settecento). Interessante notare il largo uso della pietra pece locale per la pavimentazione delle stanze.

Intorno al castello si trova un ampio e monumentale parco di 8 ettari. Contava oltre 1500 specie vegetali e varie "distrazioni" che dovevano allietare e divertire gli ospiti, come il tempietto circolare, la Coffee House (per dare ristoro), alcune "grotte" artificiali dotate di finte stalattiti (sotto il tempietto) o il particolare labirinto in pietra costruito nella tipica muratura a secco del ragusano, e poi alcune vasche e disseminati parecchi vasi di Caltagirone.
Il parco del castello di Donnafugata a Ragusa può essere considerato uno dei pochi giardini storici di grande pregio tuttora esistenti in Sicilia. Purtroppo il processo di abbandono, iniziato gia' con la proprietà della famiglia Arezzo/Testasecca, è continuato anche con la gestione pubblica, nonostante i segnali di buona volontà dimostrati in questi anni. Questa sorta di vuoto di gestione va attribuito, più che ad una precisa volontà politica, all'assenza generalizzata di "cultura paesaggistica" che caratterizza il nostro paese. Infatti, a distanza di quasi vent'anni dalla "Carta di Firenze" (1981), è difficile far passare il principio che un giardino è un "bene storico-artistico" e come tale va salvaguardato intervenendo solo con operazioni di restauro e ripristino. Nel nostro caso l'assenza di questa consapevolezza si è tradotta da un lato in una gestione superficiale del parco che lo ha privato delle più elementari operazioni di manutenzione ordinaria come le potature e le annaffiature di soccorso nei periodi di siccità, e dall'altra in interventi infelici, quali ad esempio la realizzazione di muretti a secco che hanno deturpato il disegno del parco, o l'uso di parte di esso a maneggio.

venerdì 11 gennaio 2013

Castello Di Caccamo - Palermo

Sede di una lunga pagina della storia siciliana, il castello di Caccamo è uno dei castelli più prestigiosi e attraenti della Sicilia, oltre ad essere il più grande.

Eretto su un alto basamento roccioso a dominare il paesaggio, luogo di guardia e di controllo, fortezza ma ugualmente maniero signorile che nell'ampio giro delle corti e nei saloni organizza la sua funzione di residenza e di rappresentanza, il castello appare al visitatore che si accinge a entrare in città come una presenza incombente e altera; disposto sulla piattaforma come un naturale prolungamento delle irte pareti di pietra, come a seguirne il perimetro nello snodarsi di porte, torri e mura, l'edificio palesa nella sua articolazione complessa le vicende e le trasformazioni che hanno condotto alla costruzione attuale in un lungo processo di accrescimenti, aggiunte e modifiche protrattosi per secoli.

L'imponente struttura difensiva era strutturata su quattro torri esterne - la torre di Byrsarone o Pizzarrone a valle, quella della Piazza, diroccata nel 1627 durante i lavori di ampliamento del Duomo, e quella detta Brancica poi inserita ugualmente con funzione campanaria, nella facciata della Chiesa della SS. Annunziata -; e su tre torri interne a difesa di un più ristretto giro di mura, la torre Mastra (crollata,in parte, in seguito al terremoto del 1823), la torre Gibellina e quella della Fossa o del Dammuso. La prima realizzazione, già durante i primi anni del regno normanno, fu probabilmente una semplice torre di avvistamento (ma non è da escludere che una uguale costruzione fosse stata edificata dai musulmani con le stesse funzioni) poi ampliata con scopi difensivi sino al primo organico disegno di trasformazione da parte di Manfredi I Chiaramonte intorno agli inizi del XIV secolo: furono allora ristrutturate le fortificazioni esistenti, rafforzate la torre di Byrsarone e la cinta muraria, edificate una nuova ala a nord-est e la torre Gibellina.

Questo impianto fu ulteriormente ampliato a partire dal 1398 da Giaimo de Prades, che aggiunse la torre del Dammuso nel prospetto meridionale e munì di torri lo spigolo sul fronte a nord-est. Successivamente, durante la signoria degli Henriquez-Cabrera, fu realizzata la grande sala delle udienze (trasformata quindi in teatro nel corso del XIX secolo) che sancisce la mutata funzione del castello da presidio territoriale a luogo di residenza e di amministrazione della giustizia.

Gli Amato compirono le ultime trasformazioni dell'edificio, accorpando gli ambienti per realizzare larghi saloni, aprendo terrazze e balconi, e evidenziando la nuova finalità di rappresentanza del manufatto nell'imponente portale dell'ingresso interno. Il castello è stato acquisito nel 1963 dalla Regione Siciliana dagli ultimi proprietari, i principi De Spuches; i lavori di consolidamento e di restauro, hanno consentito di leggere con migliore esattezza la ricchissima stratificazione di stili e tecniche costruttive dell'edificio. La salita al castello avviene per un lungo passaggio a gradoni, protetto a destra da una successione di merli e chiuso a sinistra dai corpi edificati nel XV secolo da Giaimo de Prades; il bassorilevo in pietra con la mano che regge una bilancia sanziona il diritto baronale di amministrare la giustizia. L'atrio successivo apre, a sinistra, sulle scuderie e sulla soprastante sala delle udienze con la piccola loggia, e a destra sul corpo di guardia. Attraverso un arco a tutto sesto (che a sua volta sorregge un arco a sesto acuto di età chiaramontana) si giunge quindi al terrazzo panoramico sulla vallata, su cui sorge la piccola cappella di corte.

Poco più avanti da un ingresso ad arco a sesto acuto si accede ai locali delle carceri, le cui pareti di alcune celle presentano numerosi graffiti e dipinti realizzati dai detenuti. Il grande atrio con il portale seicentesco immette quindi nella grande sala della congiura (chiamata così perchè secondo la leggenda ospitò, nel 1160, la congiura dei baroni capeggiata da Matteo Bonello contro Guglielmo il Malo); i locali sottostanti erano riservati a magazzini e alla servitù.

Il piano nobile si sviluppa in senso longitudinale e termina alle sue estremità con due terrazze che avevano funzioni diametralmente opposte: una, attigua alla Prades, serviva al controllo dell'antico ingresso e l'altra, insieme alle torri, a quello delle vie esterne. I tetti lignei dei vari ambienti sono decorati con motivi floreali in stile barocco e risalgono, probabilmente, alla prima metà del '600, durante la signoria del principe D. Antonio Amato Folch di Cardona. In una stanza attugua ala sala della congiura, si trova una finestra pentalobata che da alcuni è fatta risalire al periodo chiaramontano, ma da altri a quello arabo. Il castello, con le sue possenti strutture, rimane a testimoniare la potenza delle varie famiglie che nei secoli ne ebbero il possesso e proietta l'eco del loro dispotismo e della loro liberalità. Presenta molteplici logge, spaziosi atrii, severi alloggiamenti per i soldati, ampie scuderie, ballatoi, trabocchetti e catene ininterrotte di merlature.
 

LinkWithin

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...